Pordenone, 24 febbraio 2018
Illustrissimo Signor Capo dello Stato
Ch.mo Prof. Sergio MATTARELLA
Presidente della Repubblica Italiana,
sono un ex insegnante di Pordenone interessato a tematiche di diritto,
dalle quali dipende la prosperità del popolo italiano. Spero che
le mie riflessioni siano di Vostro interesse.
Nella “Critica della ragion pura”, nella sezione
“dialettica trascendentale” Kant definisce tre idee che
sono, in quanto metafisiche, da lui riconosciute non scientifiche: Dio
anima e mondo. Ad esse va aggiunta oggi un’altra idea, che
è in crisi per lo stesso motivo: quella di stato. Il diritto nei
suoi caratteri fondamentali è neutrale generale e impersonale, e
come tale lo stato è altro termine rispetto alla comunità
dei cittadini: richiama il corpo di un “dio” (“spazio
pubblico”). Il senso, non detto, della dialettica trascendentale,
che è lo stesso del nichilismo, introdotto da Heidegger,
è che queste idee generano “malessere”
all’ateo, che cerca di farle tramontare anche perché sono
di ostacolo (etico) alla sua volontà di dominio (Severino).
Questa, nel popolo, si fa autodistruzione delle istituzioni, veicolata
nella loro sovranità, che così autoimplode.
Ciò genera quella “crisi dello stato” (Cassese) e
del diritto (Irti) che appartiene alla medesima Goetterdaemmerung
caratterizzante l’era contemporanea.
La crisi della sovranità si manifesta non solo nel dilagare
della criminalità, ma anche nella subordinazione dello stato al
capitalismo, come è evidenziata ad esempio nel concetto, in
sé anticostituzionale, del debito pubblico, che è anche
detto “debito sovrano”.
Gli stati nazionali non sono quindi oggi sovrani, e il diritto è
incerto. Per due motivi: 1)- da un lato, la Pubblica amministrazione
trae sostentamento da ritenute applicate a privati che vivono di
economia di mercato, esposta questa a rischio e fallimenti, quindi le
ritenute sono incerte e così il prelievo fiscale, e quindi la
PA: uno stato fondato sul capitalismo e sulla sua incertezza è
una sovranità a rischio; 2)- dall’altro lato, la PA di
tutte le nazioni è indebitata, coi privati e con l’estero,
e questo indebitamento prende il nome di debito sovrano
(“pubblico”), con la conseguenza che si ha una
sovranità indebitata e quindi sotto ricatto (è un vero
ricatto, nel senso che il debito può essere richiamato in ogni
momento, e lo stato, gli stati, come fossero privati indebitati possono
fallire in qualsiasi momento). Sotto il profilo ideologico, da una
parte nessuna costituzione cita l’economia di mercato, fonte di
sussistenza degli stati tramite l’imposizione fiscale (come
detto, “a rischio”), dall’altra parte la questione
del socialismo (cioè degli ammortizzatori sociali) è
delegata al dibattito parlamentare, cioè non è data in
modo “strutturale” (su questa questione, drammatica fin
dall’antichità, si sono giocate problematiche
contemporanee come la rivoluzione francese, quella russa e gli stessi
totalitarismi), con nazioni che, alcune (come in Europa) sono riuscite
ad equilibrare il rapporto tra rivendicazioni sociali e capitalismo,
altre no (USA e Cina: la questione del braccialetto elettronico); ma
anche in Italia riescono a emergere fenomeni equivalenti di
sfruttamento (come i call center al SUD). Questa questione non è
solo ideologica. Avanzano in USA le città private (cioè
che vanno al di là dello spazio pubblico, neutro generale e
impersonale, del diritto). La questione coinvolge la natura stessa del
diritto, in specie del diritto pubblico in relazione al diritto
privato. Il primo è fondato sul concetto di sovranità,
quindi di primato dello stato su ogni altro potere (e sullo stesso
diritto privato, che si serve di esso, cioè della magistratura,
organo dello stato): di fatto questo primato è sconvolto sulla
considerazione che oggi, da sempre, questa sovranità è
piegata alle ragioni del mercato, ricattata dalla loro incertezza e
rischio: mentre le questioni sociali sono demandate al parlamento, in
realtà esse sono associate a un unico, univoco concetto di stato
e di sovranità, per cui non si dà diritto senza
socialismo. Il socialismo lega a sé sia la sinistra storica sia
la destra storica, quindi esso deve politicamente declinarsi al centro
dello schieramento politico.
Poiché il debito sovrano è sia con i privati sia con
l’estero, ciò pone il problema del rapporto tra
sovranità e proprietà, e quello di una autorità
mondiale, sovrana, che sia sovrapposta agli stati per liberarli da tale
dipendenza espropriando i privati di tutti i beni della terra (mobili e
immobili, presenti e futuri, e i mezzi di produzione), e poi li affidi
nella loro gestione ai privati, come “Dio affida
all’amministratore fedele i suoi beni” (per poi chiedere
conto agli uomini della loro buona amministrazione…). Infatti,
come in una famiglia il padre sempre mantiene il figlio, così
sempre lo stato deve essere mediatore di tutti i rapporti economici,
mantenendo economicamente tutti gli esseri umani, a prescindere dal
loro lavoro. (La condizione di un privato che occupa lo stato è
qui definita, scientificamente, come “Anticristo”; ad
esempio secondo il senso della città private gli USA a causa del
secondo emendamento sono in realtà uno stato privato,
cioè anticristico, perché in essi i privati con la
proprietà e produzione delle armi e degli armamenti pesanti e
nucleari sono più forti dello stato.)
Tale concezione implica due fattori: il mutamento, in uno stato che qui
pure si vuole minimo, del concetto di sicurezza, che deve ora
riguardare la sicurezza economica delle famiglie dall’indigenza,
a protezione del loro benessere (stato pienamente socialista); quindi
la conseguente risoluzione “strutturale” (costituzionale)
della questione ideologica, non più sul piano del dibattito
parlamentare ma appunto su quello costituzionale della corretta
concezione del diritto, in sé considerato, cioè di un
diritto che deve in se stesso essere socialista, per poi delegare alla
libertà dei soggetti, regolata da una rigorosa meritocrazia, la
gestione di tutte le ricchezze della terra, del loro incremento futuro
e dei mezzi di produzione.
Cordialmente,
gp