CHE COS’E’ LA MAFIA. LA CRIMINALITA’ COME FUNZIONE SOCIALE
15/03/2018 (testo prevalentemente scritto nel 2017)

La mafia è un sistema di superbia (fierezza, orgoglio e senso di appartenenza) da parte di un ceto medio di popolazione che non è incline all’economia di mercato (regole competitive), ma non vuole soccombere alla povertà, e insieme è spinto a tensioni a carattere edipico verso lo stato (amore-odio), per il fatto che lo stato supinamente è succube del capitalismo, e non svolge la funzione che dovrebbe attuare (socialismo e realizzazione piena della giustizia – economica - nella società). Ciò però nell’ottica del fascismo, nel senso che non si accetterebbe comunque questa giustizia, se non entro i vincoli padronali della proprietà d’impresa.
Finta la guerra, l’America, la CIA, scelse di lasciare in Sicilia la mafia. La droga ha una funzione contraddittoria e paradossale: essa è negativa perché induce conseguenze sul piano della salute gravi, di ordine neurologico (distruzione del tessuto nervoso e conduzione a malattie degenerative, oltre a fenomeni patogeni sotto il profilo psicologico, psichiatrico e di qualità di vita; posso supporlo, non conosco il fenomeno); essa è però positiva, sotto più profili, sinergici: appaga un bisogno che ha una base genetica e neurologica; esso si unisce a fattori psicologici, non esclusi quelli psichiatrici, associati a un impatto mentale di nichilismo, un nichilismo non solo teorico, ma come “nausea per la vita quotidiana”; quindi, la droga ha una funzione terapeutica, e infine antisuicidio. Gli stati (a livelli di decisione di non competenza della polizia o delle commissioni mediche, ma a livello di analisi più complesse, includenti l’orientamento delle intelligence ad azioni contro-la-legge) sanno che più importante/grave della malattia è il problema del suicidio (e si cerca anche di impedire che questo diventi un fenomeno di massa). Senza contare che oltre alle problematiche esistenziali, tali a impatto psichiatrico, ci sono quelle di vita: stress, disoccupazione, emarginazione, ecc.. In alcuni stati la droga è legale o viene diffusa per legge (entro certi limiti). Ecco però che nella maggior parte degli stati, si effettua questo ragionamento: da un lato, c’è un problema di etichetta morale (“lo stato non può dare la droga ai giovani”), problema che alcuni partiti politici hanno cercato di superare con la proposta delle legalizzazioni (partiti rimasti in minoranza); dall’altro, il tema è più complesso: è vero che il suicidio è tematica più importante della malattia, ma è anche vero che esso è eventuale, mentre la malattia è certa, e lo stato non può, per evitare l’eventualità di un fatto (il suicidio), produrre la certezza dell’altro fatto (la malattia). (Considerazioni simili vanno fatte per la pornografia gratuita in rete, fenomeno di imponenti proporzioni, a impatto globale e devastante, per l’educazione delle giovani generazioni; e per la prostituzione.)
La conseguenza necessaria è che lo stato non può assolutamente diffondere la droga, né consentirla legalmente, e dall’altro lato si cercherà comunque di rendere possibile la sua diffusione, in modo implicito e nascosto: lo farà la mafia, e lo stato quindi deve proteggerla. Lo stato aiuta i cittadini a drogarsi, perchè essi ne hanno bisogno, e non potendolo fare per vie legali, si serve della mafia per farlo per vie illegali.
I sistemi di intelligence conoscono i canali di diffusione della droga, e li proteggono dall’azione inquirente della magistratura e della polizia.
Essi sanno dove stanno i latitanti, e li proteggono, fino a quando (essi consapevoli) riterranno più utile farli arrestare. E’ ad esempio sempre necessario lasciare un capo (un “mito”) alla mafia.
Il ruolo della polizia è quindi delicato, e ha carattere non di giustizia, ma di diplomazia, e di prudenza, sapendo le forze dell’ordine fino a dove possono arrivare, fino a ciò che è ad esse consentito: sapere che esse perseguono il crimine, ma che i governi proteggono il crimine, e i governi guidano la polizia, orientandola, ma anche ostacolandola (cioè fermandola).
In base a queste argomentazioni si spiega la cosiddetta “trattativa stato-mafia”.

gp