PER LINKEDIN – 02/03/2018
Il CONCETTO DI CO-AZIONE (PROPOSIZONI DI PSICOLOGIA DELLE MASSE)

L’articolo 1 della Costituzione italiana recita: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
I concetti espressi in questo articolo sono di estrema complessità.
Da un lato si riconosce la sovranità del popolo, cioè il suo potere, dall’altro le si pone dei limiti, come se si temessero gli effetti di un potere del popolo senza questi limiti. In definitiva, paradossalmente, questi limiti sono la negazione della sovranità stessa, negata dalla Costituzione che la pone. E cioè è come se si dicesse: “è riconosciuto al popolo una sovranità politica, solo simbolica, svuotata da un effettivo potere di risoluzione dei problemi della vita, che vada oltre alle determinazioni capitalistiche, dell’economia di mercato, su cui questo potere non deve incidere”.
Il capitalismo può essere definito in chiave psicologica. Esso non è solo un modo di produzione, è molto altro, come la stessa democrazia: entrambi sono sistemi di controllo del comportamento delle masse:
1.- la democrazia fa sognare il popolo, facendogli credere di avere potere e controllo sulla propria vita e sul proprio futuro;
2.- il capitalismo è un insieme articolato di controllo sociale: disciplina il tempo di lavoro; dà possibilità di arricchirsi; dà protagonismo all’imprenditore (nel successo) e al lavoratore (nella carriera); quindi orienta le pulsioni aggressive (invidia, superbia e avarizia) in termini non autodistruttivi ma costruttivi (produzione, scambio, incremento della ricchezza, benessere materiale, concorrenza e competizione).
L’articolo 1 della Costituzione italiana contiene quindi un ossimoro, riconoscendo una sovranità-limitata, quasi che il legislatore temesse gli effetti di una sovranità-non-limitata. Essa sarebbe la possibilità del popoli di tradurre in leggi i propri desideri e sogni.
Ma anche le proprie pulsioni, disciplinate dal capitalismo. Accade che quella che Hobbes chiama la “la guerra di tutti contro tutti" (descrivente lo stato di natura) è proprio un aspetto di questi desideri, e nulla pone divieto acchè essi si esprimano (si iniettino) nella sovranità:

1.- nella monarchia la sovranità è il potere di uno solo, il re. Essa è un potere coerente;
2.- nella democrazia la sovranità è invece un potere incoerente: è il potere di tutti i cittadini, rivolto, tramite le norme giuridiche, reciprocamente contro loro stessi, un potere di tutti contro tutti.

La conseguenza è l’autodistruzione dello stato. La pulsione primaria che struttura la storia dell’umanità è il desiderio di essere serviti, cioè di dominare il prossimo. Con la sovranità popolare, tutti i cittadini decidono di dominarsi, gli uni contro gli altri (“co-azione”). Ciò origina il conflitto e la violenza sociali, le liti giudiziarie, la criminalità e le guerre, in cui l’apparato istituzionale rivolge questo conflitto interno verso l’esterno.

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Per rimediare a questa situazione, la sovranità ha questo limite costituzionale che origina la delega dei rappresentati ai rappresentanti, livello di governo e parlamentare che si stacca dal popolo (“assenza di vincolo di mandato”: art. 67 Cost.) per neutralizzare nella volontà popolare le sue tensioni distruttive e autodistruttive.
E’ questo il motivo che origina in ogni democrazia la funzione di lobbying: in ogni società democratica la massa è informe, incapace di comprendere i principii corretti del vivere sociale, e deve essere guidata dalle élite. I rappresentanti del popolo, i politici (parlamentari e ministri) non possono guidare la nazione, perché, pur in assenza di vincolo di mandato, essi devono rispondere al popolo della propria azione, che deve in democrazia comunque riflettere la sua volontà, che si è detta contraddittoria e informe.
Così, la società viene guidata da strutture parallele, anche dette deviate, che assumono la leadership di guida della nazione. In Italia essa è assunta dai ministeri (specialmente dal MEF), in USA dall’apparato di difesa a livello di business (“complesso militare-industriale”), livello che controlla l’esercito e l’intelligence senza essere condizionato dalla presidenza e dalla Corte Suprema, che anzi lo ha assecondato (con la sua decisione del 2008 sul secondo emendamento).

gp